di Giancarlo Liuzzi - foto Francesco De Leo

Arpie, leoni e leggende: un angolo nascosto di Bari racconta la città millenaria e "veneziana"
BARI – Due arpie che suonano antichi strumenti, una testa di leone custode di una misteriosa leggenda, archetti gotici e decori medievali: a Bari Vecchia c’è un angolo poco frequentato dai passanti che custodisce tanti piccoli tesori architettonici e artistici. Si tratta di particolari elementi millenari, inglobati in strutture più recenti, che permettono tra l’altro di rivivere un momento cruciale della storia della città, quello della liberazione dai Saraceni per opera della flotta veneziana. (Vedi foto galleria)

L’area in questione è una sorta di quadrilatero posto tra la Chiesa di San Marco e quella del Carmine, lì dove nei primi decenni dell’XI secolo si stanziarono i rappresentanti della Serenissima dopo aver cacciato le truppe arabe dal capoluogo pugliese (un evento ricordato dall’antica festa della “Vidua Vidue”).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Durante la sua seconda dominazione bizantina, nel maggio del 1002, Bari fu infatti assediata dalle truppe saracene. L’imperatore di Costantinopoli Basilio II, impegnato a combattere contro lo zar Samuele in Bulgaria, non potendo inviare soccorsi militari alla città, chiese l’intervento degli alleati veneziani. Una flotta di cento navi guidate dal doge Orseolo II raggiunse così Bari il 6 settembre del 1002, liberandola definitivamente dagli invasori il 18 ottobre dello stesso anno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’esercito si premurò anche di portare viveri e dare supporto a persone stremate dai mesi di assedio. E la Serenissima, godendo dell’accoglienza e gratitudine dei baresi, fece in modo di trasferire in Puglia alcuni suoi funzionari e commercianti, attratti dalla possibilità di disporre di un importante avamposto nell’Italia Meridionale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Veneziani che si stanziarono proprio in questa zona della città vecchia. Furono loro ad esempio a finanziare la costruzione della Chiesa di San Marco dei Veneziani, sorta agli inizi dell’XI secolo. Il piccolo tempio, posto su strada San Marco, è stato ricostruito a seguito della distruzione di Guglielmo il Malo avvenuta nel 1156 e quindi ha perso i suoi tratti originari. Conserva però ancora, al centro del suo piccolo rosone a raggiera, il leone alato simbolo del capoluogo veneto, probabile opera dello scultore Pietro Facitolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche nei dintorni del luogo religioso è possibile scorgere resti di architettura gotico-veneziana che rimandano a un millenario passato. Ad esempio in un vicoletto che si apre sul lato destro della chiesa, è possibile vedere su un malandato e scrostato muro di colore rosso un particolare cornicione marcapiano che presenta una lunga serie di archetti pensili polilobati sorretti da piccole mensole in pietra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Proseguendo invece su strada san Marco, si può notare in alto sulla destra un’altra archeggiatura in pietra viva a coronamento del prospetto di una palazzina rossa. Gli eleganti elementi a sesto acuto con in chiave un foro romboidale poggiano su piccole mensolette piramidali. 

Da qui svoltiamo a sinistra su vico Arco del Carmine. Nella stretta stradina salta subito all’occhio una singolare balconata in pietra di colore rosa con un decoro bianco a due fori, il tutto sorretto da una doppia fila sovrapposta di mensoloni. La parte sinistra del ballatoio poggia invece su un così intricato raggruppamento di diversi elementi architettonici da renderlo unico in tutta la città vecchia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Riusciamo a distinguere i resti ben evidenti di due basamenti con archi centinati sovrapposti di diversa epoca. Gli stessi sono stati però tagliati, probabilmente durante la demolizione dell’edificio prospicente, sul quale terminavano la loro arcata. Sulla destra sono presenti invece delle mensole medievali compattate assieme ad altri antichi elementi in pietra di riuso per sorreggere il peso del balcone superiore. 

Ma la vera chicca di questa piccola e poco frequentata stradina è la formella che sovrasta una finestra con una grata in ferro. Si tratta di un singolare bassorilievo risalente agli inizi dell’XI secolo probabilmente derivante da qualche chiesa o palazzo non più esistente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La curiosa immagine ritrae due arpie, creature mitologiche metà donna e metà uccello legate al regno simbolico del male e dell’avidità. Le figure, rappresentate con volto serioso e con delle lunghe code, sono intente a suonare strumenti musicali: un’arpa e una specie di violino. Al centro invece è raffigurato un fanciullo nudo privo di volto che tende il braccio sinistro verso una delle due.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma non è finita qui. Perché ad angolo con Arco del Carmine un’altra curiosa scultura arricchisce l’insolita galleria d’arte a cielo aperto. Una testa di leone, probabilmente coeva al bassorilievo delle arpie, spunta dal grigio intonaco del muro sul quale si trova. Tra le fauci del litico animale riusciamo a scorgere un piccolo foro ostruito, forse derivante da un precedente utilizzo dell’elemento come scolo per l’acqua piovana il cui scrosciare ha consumato in parte la criniera della bestia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra l’altro i due curiosi decori sono testimoni di una singolare leggenda che si tramanda da diverse generazioni. Si racconta infatti che le arpie custodiscano un tesoro nascosto. Quest’ultimo va cercato nel luogo verso cui guarda il leone: una piccola porticina del palazzo di fronte, un tempo sede di un panificio. Nessuno però è mai riuscito a mettere le mani sul bottino, visto che a custodirlo c’è uno spirito in pena che ha promesso di cederlo solo a chi gli darà in cambio un qualcosa di ancora più prezioso: l’anima di un bambino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Giancarlo Liuzzi
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  • paolo minchilli - Complimenti agli autori , l'articolo illustra molto bene questa piccola preziosa parte di BariVecchia .


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